Un dialogo felino sull'arte di non fare niente
In un angolo di mondo, dove il tempo si prende il lusso di rallentare e la pigrizia diventa poesia, due gatti si incontrano sul balcone di una casa silenziosa. Uno medita sull’infinito, l’altra arriva a turbare la quiete. Un piccolo dialogo che celebra la bellezza delle giornate lente e dei pensieri che non hanno fretta.
* * *
Ai miei nipotini Ludovica e Nino
Sul balcone c'è una sedia di vimini accarezzata dal vento. La tenda si muove appena, come in un lento saluto. Il sole fa capolino tra le nuvole, alternando ombre e riflessi dorati su pavimento.
In lontananza, una campanella suona per noia, più che per un compito preciso.
L’aria ha il sapore del limone, il mondo si è messo in pausa, non per stanchezza, ma per il puro piacere di non fare niente.
Il balcone è silenzioso, come se il tempo stesse dimenticando di scorrere. Davanti, una pianura fiorita si fonde con le montagne in lontananza, dove la primavera si arrampica sui pendii con mille sfumature di verde. Il vento gioca con i fili d’erba, piegandoli come in una danza che nessuno osserva.
Un gatto dorme acciambellato su un libro aperto, sulla sedia di vimini. Nessuno nei paraggi, neppure sul balcone. Solo il gatto, che si stiracchia con regalità.
È l’unico abitante di quel regno sospeso.
I suoi occhi semi-socchiusi scrutano il panorama come se stesse contemplando. Forse, in quel silenzio, sta meditando sulla vastità del mondo o… sul prossimo spuntino.
Per lui la solitudine non è tristezza. È sovranità. Quel paesaggio è suo e lo abita senza movimenti e senza fretta.
A volte un mondo pigro è il più filosofico di tutti.
Il gatto, già sentendosi signore indiscusso dell'universo, sta per concedersi un pisolino, quando… plof! Sul bordo della ringhiera si posa con grazia una gatta fulva dagli occhi smeraldo. Non è silenziosa e non è lì per caso.
«Ma guarda te, ancora a meditare sulle nuvole?» dice lei, stiracchiandosi ostentatamente e lasciando afflosciare la coda dietro un vaso di basilico.
Il gatto solleva lo sguardo con calma ma infastidito, come se l’universo gli avesse fatto uno scherzo dispettoso.
«Stavo contemplando l’eternità. Tu, invece, sembri contemplare l’arroganza.»
Lei lo ignora con la grazia di chi sa di essere adorabile.
«Ti serve un po’ di confusione, vecchio filosofo. Questo balcone è troppo serio. Hai mai pensato di rincorrere un’ape? O almeno di fare le fusa. Così, per confondere il mondo?»
Il gatto sospira. Poi, con un gesto inaspettato dalla gatta, si alza, le si avvicina e… le da una testata delicata e affettuosa.
La gatta sorride. «Hai capitolato?»
«Ho evoluto il pensiero,» mormora lui, tornando a sdraiarsi sul libro che il vento ha cambiato pagina: «L’universo può includere anche te.»